I. Cabitza O.S.B.: vita di San Benedetto

In vista della prossima festa di San Benedetto, proponiamo una nuova biografia del Patriarca del monachesimo occidentale. La prima, diffusa dal 2019, è quella celeberrima scritta da S. Gregoria Magno.
Due vite per lo stesso santo? Sì, perché l’importanza di questo santo per la civiltà occidentale è, forse, insuperata.
Questo è un aspetto ben messo in risalto dell’autrice di questa nuova biografia, la Madre Ildegarda Cabitza OSB, fondatrice del monastero di Santa Maria di Rosano (Pontassieve – FI).

Infatti, l’opera che da oggi diffondiamo, presenta la vita di S. Benedetto e ne studia la spiritualità, ma insieme descrive la fisionomia e le caratteristiche dei monasteri nati dall’intuizione e dalla paternità di Benedetto.
Tra le righe, è possibile intravedere la vita di quell’Abbazia che da più di dodici secoli ha avuta il suo inizio sulle rive dell’Arno, da quasi cinquant’anni ha ritrovato la sua giovinezza ad opera della Madre Cabitza e che, a differenza di altre comunità benedettine, è ricchissima di vocazioni.
Già. Perché la fedeltà al carisma del Fondatore paga. Lo zelo nell’osservanza della Regola benedettina è segno di serietà: e questo attira le vocazioni più serie. Infine, per un benedettino, la liturgia è metà della vita: e a Rosano la liturgia è presa seriamente, molto sul serio.
Da questi ed altri aspetti deriva la predilezione per Rosano da parte dei Prelati più devoti a Maria Santissima: il card. Ratzinger, ad esempio, è stato alcune volte a Rosano. Il compianto cardinal Stickler era spessissimo in ritiro costì. Totustuus ha avuto la Grazia di una vocazione monastica indirizzata a Rosano dal card. Biffi.

Madre Cabitza, divenuta abbadessa e guida spirituale, imparò da S. Benedetto i doveri verso le anime che Dio invia nel chiostro: «I monaci, ella dice, sono in realtà degli appassionati cercatori di Dio … anime che fanno faticosamente la via, in una virile ascesa, di liberazione e di purificazione per ricongiungersi al principio della loro vita più alta, a Dio, che aveva creato il primo uomo in una purezza perfetta, così da renderlo capace di intimità (come di amico ad amico … Alle anime che vengono a lui … Benedetto porrà questo quesito fondamentale: se veramente cerchino Dio …»

E fu sull’esempio e secondo lo stile di Benedetto, che la Madre Cabitza concepì la rinascita e la strutturazione stessa dell’Abbazia che fu chiamata a riformare, a guidare, a sostenere con la sua vivissima intelligenza e soprattutto con il suo cuore di madre.

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Descrizione

Maria Ildegarde Cabitza (al secolo Leonilda o Nilda), nacque a Gonnosfanadiga (Sardegna) il 26 Aprile 1905. Di famiglia benestante, il padre medico condotto, ha potuto compiere gli studi superiori, allora non facilmente accessibili alle ragazze. Ebbe una significativa formazione culturale che, insieme ad una profonda formazione spirituale, la rese in grado di svolgere la sua futura missione di madre e maestra in seno alla comunità monastica. Di vivacissima intelligenza, si iscrisse all’Università di Roma nella Facoltà di lettere. Il 21 Dicembre del 1926 sostenne brillantemente l’esame di laurea in lettere con una tesi su Le memorie monumentali dei principali personaggi della Chiesa nel secolo III, che fu pubblicata nel Bollettino Liturgico.

Il 26 Giugno 1930 entrò nel monastero Benedettino di S. Antonio di Eboli. Il 17 novembre 1931, consegue la seconda laurea con una tesi su Il valore pedagogico della Regola di San Benedetto, poi pubblicata nel 1933. Il 13 gennaio 1932 emise la professione religiosa monastica, prendendo il nome di Maria Ildegarde. In piena guerra mondiale, madre Ildegarde Cabitza assieme alla consorella Pietromarchi lasciarono Sorrento, inviate dalla madre Moretti a riformare e rinnovare l’antico monastero di Rosano (fondato nel 780), presso Firenze e vi assunse il ruolo di Abbadessa.

Grande era il lavoro da fare. Madre Ildegarde scriveva in una lettera da Rosano del 21 novembre 1942:”Te lo puoi immaginare un vecchio, immenso Monastero che aspetta di riprender vita e dove tutto è da rifare, non materialmente, ma spiritualmente e intellettualmente? Il posto è molto bello e il Monastero pure… c’è un lavoro immenso da fare…, ma sono serena e intimamente piena di pace.” Tutte le sue energie erano tese alla restaurazione della vita monastica portandola alla totale fedeltà al carismo di San Benedetto.

Ebbe la grazia e la consolazione di un grande segno prodigioso nel suo Monastero: la lacrimazione della statua del Sacro Cuore. Durante il canto dei Vespri il 4 aprile del 1948, si osservò per la prima volta che dagli occhi della statua del Sacro Cuore scendevano delle lacrime. Nel giugno dello stesso anno si verificò un altro prodigio impressionante e insperato: la effusione di sangue. Questi fatti si verificarono ripetutamente tra il 1948 e il 1950. I fatti sono confermati dalle religiose e in particolare da Madre Ildegarde Cabitza Abbadessa del Monastero.

Madre Ildegarde tenne sempre in grande considerazione, unitamente al lavoro manuale, l’attività intellettuale. Pubblicò diverse opere:Cercate il Signore, Dono che non finisce, L’ascolto del monaco, Parole più su della terra, Pietre congiunte, San Benedetto, Studium orationis. Il 12 aprile 1956 fu eletta prima presidente della Federazione dei Monasteri Benedettini della Toscana. Morì in concetto di santità nel Monastero di Rosano il 28 agosto 1959 all’età di 54 anni.