Card. Joseph Mindszenty: La madre (parte seconda)

Questo testo non è solo la continuazione del primo volume. E’ una portentosa apologia della donna, vista nelle sue molteplici caratteristiche. Al punto da essere di grande utilità anche per gli uomini.
Si conclude con i seguenti eversi:

«Essere cattolico significa sporgersi al di fuori del livellamento uniforme, nella coscienza del proprio valore personale.
Essere cattolico significa lavorare con diligenza e con amore per la causa di Cristo. Conquistare il mondo a Cristo.
Essere cattolico significa diventare eroe dell’amore e servire in umiltà.
Essere cattolico significa obbedienza, fedeltà incondizionata e amore al Papa, quale supremo condottiero delle battaglie di Dio.
Essere cattolico significa obbedire con rispetto ai pastori responsabili delle nostre anime davanti a Dio.
Essere cattolico significa prendere spesso i Vangeli in mano, leggere molto del loro contenuto e scriverli profondamente nel cuore.
Essere cattolico significa realizzare le otto beatitudini del sermone della montagna.
Essere cattolico è splendido titolo, forza santa, reale consapevolezza del proprio valore.
Essere cattolico significa essere pietra incrollabile nel frangersi delle spumeggianti e bugiarde opinioni del giorno.
Essere cattolico significa, combattere sempre, dappertutto e in ogni tempo nelle prime file, e non ritirarsi, non tradire.
Essere cattolico significa conservare le proprie idee indipendenti, anche se si devono registrare delle perdite temporanee, e non schierarsi, come una canna, con il vento delle congiunture.
Essere cattolico significa servire cavallerescamente le donne e prima di tutto la donna sopra tutte le donne, Maria, la beatissima madre del Signore.
Essere cattolico significa morire in pace, quando Iddio chiama».

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Descrizione

Cardinale ungherese (1892-1975) Principe Primate d’Ungheria. Per approfondire la sua biografia si possono scaricare le sue “Memorie” da questo stesso sito.
La sua vita fu una Via Crucis essendo prigioniero per anni del regime comunista.
Egli la percorse con fedeltà esemplare, senza odio verso i suoi persecutori, ma anche senza cedimenti laddove il compromesso o la fuga avrebbero potuto rendergli più facile la vita.
La sua durissima prigionia ebbe termine soltanto nel 1956, quando il popolo ungherese prese le armi per combattere contro l’invasore sovietico: liberando, primo tra tutti gli ungheresi in catene, l’arcivescovo di Eszertgom e Principe Primate.
Egli divenne l’anima vera della rivolta, la sua ispirazione spirituale, la voce più autentica di quella terra consacrata alla Vergine.
Quella sera stessa i carri armati sovietici aprirono il fuoco contro il popolo di Budapest.
La sua autobiografia (Memorie” scaricabile da questo sito) mette in evidenza come il Cardinale Mindszenty abbia sofferto non solo per l’odio dei nemici di Dio, ma anche per la durezza di cuore di falsi fratelli e per gli errori di amici ben intenzionati.